martedì 30 dicembre 2008

Chi è il Presidente del Camerun?

Agdal. Un cafè tranquillo con un amico camerunense dopo l'estenuante festa dell'Aid Kabir. Chiaccherando del più e del meno si finisce a discutere di politica italiana. Senza farci troppo caso lo ascolto mentre mi cita con scioltezza uno dopo l'altro nomi di politici italiani, dai ministri di governo ai leader dell'opposizione. Qualche secondo dopo mi rendo conto che a fatica so dove si trova il Camerun, men che meno so quali siano i paesi con cui confina. Perfetta ignorante!! I telegiornali, i quotidiani e i giornali di informazione dei paesi africani riportano perennemmente notizie dai paesi europei. "Loro" sanno di noi, noi cosa sappiamo di loro? Mi permetto di lanciare un quiz a quanti leggeranno questo post: chi di voi sa come si chiama il Presidente del Camerun? O forse più semplicemente chi di voi sa dove si trova il Camerun?

pas d'alcool? on s'eclate quand meme!!

martedì 9 dicembre 2008

L'ora del papa re

Martil, ridente cittadina di mare alle porte di Tétouan ospita il convegno « Architettura e riabilitazione ». Quale migliore occasione, pensiamo, per ascoltare voci interessanti e informate sullo stato degli interventi architettonici in Marocco. Ale, il nostro amico spagnolo, è particolarmente interessato, e noi lo accompagnamo volentieri. La piazza che ospita la sede dell’associazione che organizza l’incontro è proprio vicina al mare, da un lato si erge un improbabile edificio su tre livelli colorato di bianco blu e rosso, dall’altro fa capolino l’imponente – quasi – sconsacrata chiesa barocca, nella quale si trovano i locali dell’associazione. Non appena entrati, Paco, il presidente dell’associazione, ci saluta calorosamente, il suo faccione si accende alla vista di facce simil-europee. Seguono presentazioni varie, durante le quali il tono della voce di Paco si fa a tratti insopportabilmente alto, e io, da ragazzo ben educato al sussurio dei luoghi sacri, sobbalzo, anche perché qualcosa mi dice che non siamo in un ambiente totalmente laico. Poco male, mi dico, anche perché questa sera ci sono ospiti illustri. Un famoso architetto di Madrid, l’eminentissimo signor Console di Tétouan e soprattutto l’egregio Marchese della Speranza. Giuro. Va bene, mi dico…per fortuna hanno invitato anche i rappresentanti delle associazioni marocchine che si occupano di riabilitazione architettonica, e soprattutto, mi dico, questo famoso architetto di Madrid sarà un grande conoscitore del Marocco, avrà lavorato al restauro della medina di Marrakech o di Tangeri. Il convegno sta per iniziare, mi aggiro per la sala, che ospita una biblioteca, e curiosando tra i libri in spagnolo, mi sento sfiorare da un signore di mezza età, capelli lughi e ordinati, cravatta rosabluverde, un grande anello d’oro al dito. Poco dopo scoprirò che si trattava del famoso architetto madrilegno. L’apparenza inganna - mi dico - e sicuramente questo signore impomatato ed elegantemente bizzarro ha risanato le baracche della periferia di Casablanca. Diamine, l’apparenza inganna, no ? Non sempre. Il famoso architetto è davvero niente male, è istrionico, e anche io, che capisco poco lo spagnolo, rido come gli altri alle sue battute al fulmicotone. Ci mostra diapositive dei suoi lavori. La prima è l’immagine di un villone stile californian-lecorbusiano, che apre quello che lui definisce il suo « periodo bianco ». Ci sarà un periodo nero - mi dico allora rinfrancato – in cui si sarà preso dieci insolazioni per seguire il cantiere di un progetto a Layoun in agosto, o si sarà gettato nel fango delle inondazioni dei quartieri bassi di Mumbai per dare indicazioni agli operai impegnati nella costruzione di case popolari. Niente di tutto ciò. Il gradevole slide-show continua, e scorrono sullo schermo bellissime foto di uffici a Salamanca, musei a Barcellona, caserme a Madrid. Vabbé, almeno era simpatico, penso. Prende la parola il rubicondo Marchese della Speranza, e in quel momento sono stato davvero contento di non avere un livello di spagolo sufficente a comprendere le sue sconclusionate parole sull’aeroporto di Madrid che ti fa passare la voglia di viaggiare, o su quella volta che dopo aver chiacchierato amabilmente con due belle signore ha scoperto che le due avvenenti giovinette erano in realtà delle prostitute. Durante le risate forzate del pubblico, in gran parte marocchino, ci guardiamo interdetti e decidiamo di alzarci ed uscire, per una pausa di riflessione. Non siamo più tornati dentro la chiesa quasi sconsacrata. Meglio passeggiare per la ridente Martil, ci siamo detti.

venerdì 5 dicembre 2008

Stazione Casa Voyageurs

Ore 1815. Binario 1. Aspetto il treno per Rabat. Mi guardo intorno: un affascinante uomo con barba lunga, giallaba e figlioletta in braccio, quattro adolescenti che non smettono un secondo di parlare degli ultimi modelli di automobili, parecchie ragazze tiratissime, in gonna e stivali, ovviamente svelate, famiglie cariche di valigie e borsoni di plastica, colmi fino all'orlo, una coppia di lesbiche, un marito in stampelle con moglie ninja e due figlioletti disobbedienti: panorama curioso questa stazione!

Donne donne e ancora donne

Atelier di cucina a Khouribga. Mi sento in paradiso in mezzo a quantità industriali di biscotti. Impasto, tento di dar forma a delle palline e infilo l’arachide nella pallina. Questo è essenzialmente il compito affibiatomi. Al di là di ciò, tento di raccogliere storie, parole di donne rientrate in Marocco volontariamente o involontariamente. Gli aneddoti si sprecano: c’è chi è tornata perché illegale in Italia, denunciata da una sua connazionale in seguito ad un litigio di ordinaria convivenza; c’è chi invece in Italia non c'ha mai messo piede, perché bloccata in alto mare dalla guardia costiera e rispedita immediatamente in questo angolo di terra dimenticato da dio; c’è chi non mi racconta i dettagli della vita in Italia, ma dalle sue parole capisco che non dovesse trattarsi di una vita troppo “rispettosa”, mi racconta che è tornata perché dopo quasi due anni era stufa di vivere sola, lontana dalla famiglia; c’è chi invece in Italia ci sarebbe rimasta volentieri ma che ha subito la decisione del marito che con la scusa delle vacanze, l’ha portata in Marocco e ce l’ha lasciata con le due bambine portandosi via il permesso di soggiorno. Donne dagli occhi grandi, dagli sguardi profondi, che a volte si perdono e si velano di tristezza, dalla risata facile e dal contatto fisico immediato. Ma anche donne vipere, o più semplicemente scafate: uscendo dalla cucina una ragazza che ancora parla benissimo italiano mi ferma e mi dice:” Non ascoltarle, qui le donne raccontano un sacco di bugie.” Mi riprometto di raccogliere tutte queste testimonianze “con le pinze”. Ma la sensazione è forte, con chili di biscotti in stomaco e con il freddo che entra nelle ossa, penso alla complessità dell’universo femminile e mi ci riconosco in pieno.