sabato 28 marzo 2009

Stereotipi

Mi hanno detto che sto diventando marocchina quando, nascosta dietro il portone di casa, ho fatto commenti maliziosi su una ragazza che stava, a parere mio, flirtando con un amico del quartiere. Ebbene sì, sbircio e spettegolo proprio come una donna marocchina ( ma perché quelle italiane non lo fanno????)

Secondo il mio professore di darija esistono cinque stereotipi dei marocchini:

  1. hanzaz = sbirciare, tenere d’occhio, “spiare”
  2. brgag = sparlare, spettegolare
  3. hagar = osservare dall’alto al basso, sentirsi autorizzati dalla propria “posizione sociale” a trattare “chi sta sotto” come zerbini.
  4. mahsaad = essere invidiosi dei successi altrui
  5. khuaid = seminare zizzania

C’è chi dice che c’è sempre un briciolo di verità dietro gli stereotipi...

Casanegra

Casanegra” ha l’ambizione, secondo il suo regista, Nourredine Lakhmari, di mostrare la faccia sporca di Casablanca. "Casanegra” è un film che molti marocchini non hanno apprezzato, forse per i dialoghi in slang marocchino che scadono spesso nella volgarità, forse perchè dietro questo film si celano grandi verità, difficili da ammettere per chi ama il proprio paese, o la propria città. Non so fare recensioni di film, quindi prendo in prestito le parole di un altro blog: "La critica locale più conservatrice si è scatenata in un tourbillon di aggettivi negativi che non hanno frenato l’affluenza nelle sale, anzi creando un battage pubblicitario importante e gratuito. Gli attori non professionisti, presi dalla strada, di pasolinana memoria, Anas, El Baz e Omar Lofti sono bravi e talentuosi, affrontando senza paure i difficili e spigolosi ruoli che il regista Lakhmari ha loro affidato. Il film è un trattato sociologico che analizza le brutalità giovanili, dalla violenza sulle donne passando per la commercializzazione capitalista dei lavoratori arrivando alla vita notturna dei “bobos“ . Il regista espone i suoi fantasmi attraverso dei clichès che sicuramente esistono, dipingendo Casablanca come una metropoli “noire” e violenta. Il prodotto è di qualità con un suono e luci eccellenti e un montaggio delle scene rapido e ansioso, che inchioda lo spettatore alla poltrona. I dialoghi sono forti, a volte choccanti per le orecchie più caste ma ci si abitua in fretta e diventano comuni. Il regista ha ricercato strenuamente sensazioni forti e scandalose, spingendosi sino all’estremo con la scena di una masturbazione maschile, che diventerà in queste settimane l’oggetto di discussione per i media del Paese . Al di là della scena è importante sottolineare che il cinema marocchino è oramai libero dalla censura e questo film ne è la prova provata. Questo è il principale merito di “Casanegra” che, partendo da qui, sarà certamente il capofila della libertà cinematografica con il rifiuto di qualsiasi forma di barriere censorie, politiche, sociali e di pensiero. Si spera" http://myamazighen.wordpress.com/2008/12/28/casanegra Da vedere!!!

venerdì 27 marzo 2009

Battaglie quotidiane

Amina ha 25 anni e da cinque anni lavora come "operatrice sociale" con ragazzi handicappati e autistici. Guadagna 2000 dirham al mese (neppure 200 euro). Ha due fidanzamenti finiti nel nulla alle spalle: la prima volta il futuro marito se n'è partito per il Belgio, la seconda volta ha scoperto che il futuro marito non aveva i mezzi per comprarsi una casa e che avrebbero dovuto vivere con la famiglia di lui. Lei si è rifiutata raccontadomi il grado di sfruttamento e di intrusione esercitato dalle suocere marocchine in generale. Scopro così che i marocchini sono ancora più mammoni degli italiani (non pensavo fosse possibile). Mi racconta che da quando ha iniziato a lavorare ad oggi non è ancora stata messa in regola, non ha "papiers", non ha un'assicurazione medica sul lavoro, men che meno un diploma che attesti le varie formazioni che ha svolto negli anni. Ieri una sua collega è finita all'ospedale dopo che uno dei ragazzi autistici le aveva strappato la pelle della mano a forza di morsi. La famiglia del ragazzo ha messo 50 dirham in mano ad Amina dicendole di darli alla sua collega. Peccato che con 50 dirham la ragazza non possa pagarsi neppure il filo con cui le hanno messo i punti. Amina s'incazza, mi dice "Chi me lo fa fare di rimanere qua? In Italia per il lavoro che faccio, la fatica quotidiana che mi costa il mio lavoro, avrei sicuramente uno stipendio decente e un'assicurazione che mi protegge..." Mi dice che vorrebbe raccogliere i suoi colleghi e i genitori dei ragazzi per manifestare davanti al suo capo per chiedergli la regolarizzazione del loro lavoro, ma che ha troppa paura che la licenzino, e senza un diploma in mano, non troverebbe nessun altro lavoro. Finalmente ho davanti agli occhi una ragazza che merita di essere definita una femminista marocchina.

giovedì 26 marzo 2009

Barrio Latino

“Ludo stasera andiamo a ballare!” mii dice il fedele coinquilino Alejandro. Esulto, mi vesto, finisco il mio bicchiere di vino (alhamdulillah qualche volta capita anche qua di sorseggiare un buon rosé) e mi vesto, stando attenta a coprire dove c’è da coprire. Con una simpatica cricca di amici di diverse provenienze, andiamo per la prima volta al Barrio Latino, un resto-pub nell’Agdal dove si può mangiare cucina marocchina, italiana e spagnola (Latino si chiama, latino si mangia!). Un cantante e un pianista intrattengono la platea suonando pezzi di musica spagnola, shabia marocchina, francese…ce n’è per tutti i gusti.
Iniziamo a muovere i primi passi, io guardo le donne e copio, con poco successo, i movimenti di bacino. Alejandro mi segue a ruota e diamo vita ad uno spettacolo penoso di ballerini allo sbaraglio. Affianco a me una tavolata di omoni, grandi, grossi e ciula. Nutro qualche sospetto sulla loro provenienza e qualche secondo dopo scopro di aver ragione: sono medio orientali, forse degli Emirati, visto la scritta Abu Dhabi che compare sulla camicia di uno di loro. Mi guardano, non capiscono che sono straniera, ed io mi sento estremamente potente davanti ai loro sguardi beoti. Penso a quanto siano cretini questi uomini, si pensano potenti e invece sono in balia totale del loro pene. Sventagliano davanti agli occhi di tutti il loro benestare, i loro piatti rimangono pieni di avanzi (ed io ne approfitto per rubare qualche frites), tre bottiglie di vino sul tavolo di fianco a cellulari all’ultimo grido, pacchetti di Marlboro rouge… se io fossi in mutande in un night in Italia, mi riempirebbero di soldi…che tristezza infinita… Non scrivo quello che mi sarebbe piaciuto fare, se no si potrebbe parlare di uomini come di vittime della violenza. Mi allontano, torno “tra le braccia” di Ale e di Djibril e mi consolo pensando che non tutti gli uomini sono come quei cinque imbecilli: una piccola grande verità che mi basta per riprendere le danze al ritmo di Joe Dassin.

I consumi di Zanka Souisra

Via vai continuo, non c’è pace nell’hanut di Zanka Souisra. Ormai ho la mia sedia personale nell’epicerie e tra una parola nuova di darija e un bicchiere di the come si deve ( Mannoia dixit ) osservo Abdesalam all’opera e le persone che entrano.

Oggi ho elaborato un piccolo studio sui consumi della mia via che andrebbe perfezionato con un'analisi della zibala (spazzatura), ma per quello c'è tempo...

Al primo posto c’è il pane, barakalla al hubs maghrebi. In seconda posizione dolcetti e schifezze varie il cui prezzo non supera mai i 2 dirham (5 centesimi di euro). Bambini di tutte le età arrivano con un dirham e si scatenano nella scelta di un “chewing gum", di una caramella o di un pacchetto di biscotti.La lista continua con i danon ( yogurt ) alla fragola, alla vaniglia e al mango; lhalib (latte), munada (limonata), coca cola e lattine di altre bibite zuccheratissime.

Ma all’hanut c’è davvero di tutto: assorbenti (esterni e interni) venduti al dettaglio, spezie basiche, riso, detersivi, lampadine, bombole del gas, shampoo ( il cadum rigorosamente alle uova), formaggini, dadi, fave secche.

Ma la bellezza dell’hanut sono gli incontri che faccio quotidianamente tra quelle quattro pareti.

Oggi per esempio è arrivata una donna affascinante, parecchio coperta da veli neri. Dopo qualche parola Abdessalam le ha chiesto di dove fosse…dall’accento sembrava straniera. Invece era marocchina mia-b-lmia, ma era appena rientrata in Marocco dopo alcuni anni trascorsi in Arabia Saudita. Ho provato ad immaginarmi che ci facesse lì viste le storie che si raccontano sulle meravigliose donne marocchine che finiscono a fare le accompagnatrici di viscidi ciccioni sauditi. Ieri invece ho conosciuto Omar, ragazzone in piena salute, che è in vacanza a Rabat visto che da qualche anno vive felicemente a Barcellona dove si è sposato una svedese e dove lavora come meccanico. E chiamalo pirla!!!!

giovedì 19 marzo 2009

I frutti maturi

Il chiringuito sulla spiaggia è ormai diventato una meta fissa dei miei pomeriggi. Seduta in riva all’oceano, con un tè alla menta e uno dei mille libri che devo leggere per la tesi. Lo stereo trasmette una sequenza incessante di canzoni che inneggiano all’estate ed io osservo il variegato insieme di individui che popola les Oudayas.

Giovani, in prevalenza ragazzi. Giocano a calcio, a torso nudo, fanno meravigliosi spettacoli di acrobazie, alcuni flirtano, altri semplicemente osservano e fanno apprezzamenti, a volte un po’ troppo espliciti provocando le risate oppure gli sguardi di fuoco delle ragazze. Insomma si cazzeggia in spiaggia in un normalissimo martedì pomeriggio, e in questo i giovani di qualsiasi paese del mondo, sono bravissimi ( yo misma! ).

Da un’inchiesta svolta qualche anno fa da un giornalista spagnolo emergeva che circa il 70% dei giovani marocchini (uomini e donne) desiderava partire all’estero.

Oggi, a tutti gli effetti, il 10% della popolazione marocchina vive all’estero. Ma come ogni diaspora che si rispetti, questo 10% resta intrinsecamente ancorato al suo paese…come potrebbe essere diverso vista la “ricchezza” di questa terra?

Si pensa spesso che le migrazioni in provenienza dal Marocco siano dettate da motivi meramente economici : se si pensa che un operaio in Italia guadagna 5 volte quello che guadagna un insegnante o un normale lavoratore marocchino, si capisce bene come ciò sia a tutti gli effetti un pull factor considerevole.

D’altra parte la medesima inchiesta, e la mia misera esperienza di vita marocchina, evidenziava che “Il y a aussi le sentiment que la vie est courte et que la dynamique de changement engagées au Maroc risque d’être trop longue pour qu’ils puissent en recueillir les fruits“.

Tanto vale andare dove i frutti sono già maturi…