Su un tetto di Chefchaouen aspettiamo che i muezzin chiamino alla preghiera del mattino.
Quattro meno un quarto, meno dieci, meno cinque ... ecco il primo canto che sale da uno dei villaggi della valle, pochi chilometri da noi. Manca ancora qualche secondo per i muezzin di Chefchaouen.
La preghiera non segue il fuso orario, non si conta da Greenwich, ma dal sorgere del sole, che cambia in ogni città in ogni paese. A Oujda (est Marocco) ci si sveglia prima che a Rabat per la prima preghiera della giornata. Nel paese a est di Chefchaouen prima che a Chefchaouen. Così ci spiega Anouar, il nostro albergatore. “Ci sono musulmani in ogni angolo della terra, con questo sistema si alzano lodi e canti a Dio ventiquattro ore su ventiquattro”.
Il muezzin inizia a chiamare dal minareto ottagonale ornato da luci psichedeliche. Anouar fa l’ultimo tiro di hashisha alla mela e si sdraia. Chiude gli occhi, non prega ... o forse sì. Si lascia cullare dal canto e si addormenta. Il paese è immerso nel silenzio più totale, si sente solo il muezzin e le prime porte che si aprono cigolando.
Nessun commento:
Posta un commento