martedì 9 dicembre 2008

L'ora del papa re

Martil, ridente cittadina di mare alle porte di Tétouan ospita il convegno « Architettura e riabilitazione ». Quale migliore occasione, pensiamo, per ascoltare voci interessanti e informate sullo stato degli interventi architettonici in Marocco. Ale, il nostro amico spagnolo, è particolarmente interessato, e noi lo accompagnamo volentieri. La piazza che ospita la sede dell’associazione che organizza l’incontro è proprio vicina al mare, da un lato si erge un improbabile edificio su tre livelli colorato di bianco blu e rosso, dall’altro fa capolino l’imponente – quasi – sconsacrata chiesa barocca, nella quale si trovano i locali dell’associazione. Non appena entrati, Paco, il presidente dell’associazione, ci saluta calorosamente, il suo faccione si accende alla vista di facce simil-europee. Seguono presentazioni varie, durante le quali il tono della voce di Paco si fa a tratti insopportabilmente alto, e io, da ragazzo ben educato al sussurio dei luoghi sacri, sobbalzo, anche perché qualcosa mi dice che non siamo in un ambiente totalmente laico. Poco male, mi dico, anche perché questa sera ci sono ospiti illustri. Un famoso architetto di Madrid, l’eminentissimo signor Console di Tétouan e soprattutto l’egregio Marchese della Speranza. Giuro. Va bene, mi dico…per fortuna hanno invitato anche i rappresentanti delle associazioni marocchine che si occupano di riabilitazione architettonica, e soprattutto, mi dico, questo famoso architetto di Madrid sarà un grande conoscitore del Marocco, avrà lavorato al restauro della medina di Marrakech o di Tangeri. Il convegno sta per iniziare, mi aggiro per la sala, che ospita una biblioteca, e curiosando tra i libri in spagnolo, mi sento sfiorare da un signore di mezza età, capelli lughi e ordinati, cravatta rosabluverde, un grande anello d’oro al dito. Poco dopo scoprirò che si trattava del famoso architetto madrilegno. L’apparenza inganna - mi dico - e sicuramente questo signore impomatato ed elegantemente bizzarro ha risanato le baracche della periferia di Casablanca. Diamine, l’apparenza inganna, no ? Non sempre. Il famoso architetto è davvero niente male, è istrionico, e anche io, che capisco poco lo spagnolo, rido come gli altri alle sue battute al fulmicotone. Ci mostra diapositive dei suoi lavori. La prima è l’immagine di un villone stile californian-lecorbusiano, che apre quello che lui definisce il suo « periodo bianco ». Ci sarà un periodo nero - mi dico allora rinfrancato – in cui si sarà preso dieci insolazioni per seguire il cantiere di un progetto a Layoun in agosto, o si sarà gettato nel fango delle inondazioni dei quartieri bassi di Mumbai per dare indicazioni agli operai impegnati nella costruzione di case popolari. Niente di tutto ciò. Il gradevole slide-show continua, e scorrono sullo schermo bellissime foto di uffici a Salamanca, musei a Barcellona, caserme a Madrid. Vabbé, almeno era simpatico, penso. Prende la parola il rubicondo Marchese della Speranza, e in quel momento sono stato davvero contento di non avere un livello di spagolo sufficente a comprendere le sue sconclusionate parole sull’aeroporto di Madrid che ti fa passare la voglia di viaggiare, o su quella volta che dopo aver chiacchierato amabilmente con due belle signore ha scoperto che le due avvenenti giovinette erano in realtà delle prostitute. Durante le risate forzate del pubblico, in gran parte marocchino, ci guardiamo interdetti e decidiamo di alzarci ed uscire, per una pausa di riflessione. Non siamo più tornati dentro la chiesa quasi sconsacrata. Meglio passeggiare per la ridente Martil, ci siamo detti.

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