venerdì 21 novembre 2008

Incontri con Rachid Nini

Il mio primo incontro con Rachid Nini ha coinciso con l’arrivo a Rabat delle piogge torrenziali che già nelle settimane precedenti avevano devastato varie regioni del Marocco e che hanno continuato a fare danni e vittime in quelle successive. La prima chiacchierata, come tutte le successive, ce la facciamo nel bar “della francese” con vista sul Parlamento. Dal secondo piano possiamo osservare dall’alto il via – vai mattutino dell’Avenue Mohamed V. Nini mi dice che gli piace questo punto di osservazione, qui viene a fare colazione ogni mattina prima di prendere il treno dei pendolari Rabat - Casablanca che lo porta alla redazione di Al-Massae. “Sono dei treni italiani. Appena posti sulle rotaie, sono iniziati i guasti. Perché sono treni pensati per distanze metropolitane e qui vanno su e giù coprendo distanze di 100 kilometri, e poi le istruzioni sono solo in italiano”. La conversazione, incontro dopo incontro, scorre. Si parla di Marocco, di migrazioni, di letteratura. Parliamo del suo libro “Diario di un clandestino” naturalmente, mi dice che fa fatica a definire a che genere può appartenere. E’ un racconto giornalistico, che non ha la struttura ma piuttosto lo spirito di un diario. E’ una raccolta di osservazioni quotidiane con momenti di poesia, di riflessione intima che lui definisce sorridendo “Eredità di un giovane irrequieto”. Rachid Nini mi dice che adora la letteratura di viaggio, “una letteratura che ha bisogno di molta immaginazione”, immaginazione del viaggiatore - testimone che non può fare a meno di arricchire la realtà che si trova davanti. Proprio in questi giorni, mi dice, si sta divertendo a leggere i resoconti di viaggio di un “inviato” marocchino in Francia, racconti ottocenteschi. L’osservatore marocchino, di fronte alle enormi fontane parigine, lo spreco d’acqua gli sembra assurdo se pensa ai problemi di aridità di molte regioni del suo paese. Torniamo al suo libro, alle migrazioni marocchine verso la spagna, verso l’Italia. La migrazione verso l’Italia è iniziata quando lui era al liceo. Molti suoi compagni hanno lasciato gli studi per partire. All’epoca si entrava in Italia senza visto, il problema era piuttosto ottenere il passaporto per lasciare il paese. “Se tutti avessero avuto il passaporto, il paese si sarebbe svuotato e il re aveva paura di restare tutto solo nel suo regno”. Nini mi dice che aldilà delle questioni economiche, sociali, i marocchini hanno la migrazione nel sangue. Qui sono arrivate onde migratorie, secolo dopo secolo. E se c’è che si è fermato, bloccato dai mari tutto intorno, c’è anche chi ha sfidato e continua a sfidare questa barriera. Per desiderio di movimento, per andare oltre. Tra un incontro e l’altro è piombato su Al-Massae il verdetto della giustizia marocchina per un’accusa di diffamazione. Un errore dal punto di vista della deontologia professionale ma sei milioni di dirham (a tanto ammonta l’ammenda) equivalgono a condannare il giornale alla chiusura. “Il fatto è che quando un giornale indipendente supera di molte lunghezze la tiratura di qualsiasi organo d’informazione governativo, inizia a far paura e va fermato”. In maniera forse un po’ naif commento che mi sembra controproducente, per il potere stesso, mettersi apertamente contro una delle voci più ascoltate del paese. “E’ la strategia migliore per uccidere la speranza della gente”. La mancanza di speranza, di fiducia dei marocchini nel proprio paese, nelle possibilità che può offrire torna e ritorna, che sia nei discorsi dei giovani e sui giovani delle regioni che espellono oggi il maggior numero di migranti (Beni Mellal), o nelle botte e risposte del governo e delle forme di informazione indipendente. Nonostante la sfiducia, le manifestazioni di sostegno ad al-massae sono forti, manifestazioni, sit-in, lettori disposti a pagare un po’ più di 2,5 dirham perché il giornale resti in vita. Evidentemente i marocchini “apprezzano un’informazione indipendente, in cui la notizia è chiaramente distinta dal commento personale, dall’opinione del giornalista, apprezzano un giornale nelle cui rubriche chiunque può esprimere il proprio punto di vista, a prescindere dal colore politico in cui si riconosce”. Camminiamo verso la stazione. “Ti sembra normale che i lavori di riqualificazione della stazione centrale della capitale di un paese durino anni e anni?”, “Vedi gli operai che lavorano sul cantiere? Ora portano i caschi di protezione, fino a qualche mese no, prima che scrivessi un articolo su questo” “Ti sembra normale che gli operai di un cantiere accanto al parlamento lavorino senza rispetto delle condizioni di sicurezza?” Sarà populista, vero è che Rachid Nini sembra non staccare un attimo l'occhio critico dalla realtà che lo circonda. Rachid Nini è il direttore di Al-Massae, il quotidiano più letto in Marocco. Nel libro “Yawmiyyat muhajir sirri” (diario di un clandestino) racconta i suoi tre anni in Spagna da migrante irregolare. Il diario è tradotto in spagnolo, io lo sto traducendo in italiano.

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