Ieri mi ha fermato per la strada qui a Zeitun, il mio amico Zakaria, e mi ha detto: “quand’è che ti tagli quel barbone da islamista”, a volte mi dimentico dell’importanza del modo in cui ti tagli la barba nei paesi del Mediterraneo Sud.
In questi giorni ho passato troppo tempo a pensare alla francofonia in Marocco, alla riproduzione della élite e all’islamismo, e mi sono dimenticato del mio appuntamento del giovedì con il barbiere.
Ogni volta che decido di radermi, da sei mesi a questa parte, passo ore a pensare al mio nuovo look.
Quando stavo in Turchia, non ci facevo caso, tenevo la barba lunga dei frichettoni di Istanbul e nessuno pensava che fossi un islamista, un’amica mi raccontava che baffi e basettone negli anni settanta erano il segno distintivo dei militanti di Dev-Genç(Gioventù Rivoluzionaria), protagonisti del ’68 turco. La decisione è presa, basette e moustache alla Deniz Gezemiş.
Qui a Zeitun ho cambiato diversi barbieri prima di scegliere il mio hallaq di fiducia. Il primo da cui sono andato, appena arrivato a Meknès, è il più frequentato perchè si trova nella strada principale, vicino alla fermata dei taxi collettivi. Mentre mi godevo il massaggio facciale post-rasatura ho dato un’occhiata in giro. A parte il ragazzo che seguiva rapito un programma di cucina alla tv, mi ha colpito il ritratto sbiadito di Hassan II proprio sopra la mia testa. L’attuale re Mohammed VI, mi sta più simpatico perchè al contrario del padre ha sempre uno sguardo placido e sorridente... sebbene si diletti in costosi sport acquatici, mentre i miei amici vivono con una borsa di studio di 120 euro all’anno.
Il giovedì dopo sono capitato nel hallaq di Abdel Kader, un uomo sulla cinquantina dalla fiatella alcolica e la battuta pronta. Non ci sono ritratti di Hassan II appesi alle pareti, ma cartoline psichedeliche con il nome di Allah e ritagli di giornali con scene orientalegganti, il pezzo forte però è il feticcio appeso proprio sopra lo specchio, un medaglione di pelouche con una foglia di marijuana sormontata da un Arbre Magique fuxia. Io e Abdel Kader siamo daccordo su molte cose, Berlusconi non ci piace e Meknès è la città più chaâbi (popolare) del Marocco. Esco sfoggiando orgoglioso i miei nuovi baffetti. Anche se sembro più un cantate amazigh che un sessantottino turco sono contento lo stesso, non sembro più un islamista e ho trovato il mio hallaq ufficiale a Zeitun.
Zeitun è il quartiere di Meknès dove viviamo, City Palace è la nostra centrale operativa. Zeitun è il quartiere dell’università, addossato alle ultime mura costruite da Moulay Ismail; qui gli studenti condividono le loro giornate con personaggi degni di nota – giornalai nani, tassisti e lattai barbuti e gentili, verdurai amanti del kif con figlie bellissime, intermediari immobiliari riparatori di televisioni e chi più ne ha più ne metta. Il City Palace è un caffè, è internet wireless, è una sala studio aperta 24 ore su 24, è dove si vede perdere l’Italia ai rigori in mezzo a tanti improvvisati spagnoli, dove si ascolta a tutto volume l’ultima hit marocchina appena svegli, dove si mangia una tajine galleggiante nell’olio, dove si vedono film coreani con sottotitoli in arabo e sotto-sottotitoli in inglese, è il luogo segreto di incontro per coppiette audaci. Zeitun Palace è…
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